Granchio alieno a Portofino



Ha le “antennule”. Lo sguardo “feroce”. Minaccioso. E un rostro dentellato. Una creatura “aliena” che non arriva dallo spazio o da un’altra galassia ma, essendo un granchio, via mare. Un granchione “foresto” che proviene direttamente dalle coste atlantiche americane. E che nei giorni scorsi è stato avvistato e immortalato da Michele Solca, appassionato di fotografia e frequentatore abituale dell’Area marina protetta di Portofino. Il “villoso” ospite era a Punta Faro, a circa 3 metri di profondità. Solca l’ha intercettato durante un’immersione con i subacquei di Diving Evolution. Il nome scientifico del granchio, dice Giorgio Fanciulli, direttore della Riserva portofinese, che ha esaminato le immagini con lo staff di esperti, è Percnon gibbesi: «Nel Mediterraneo è stato visto per la prima volta nel 1999, a Linosa, e a Genova-Quarto nell’ottobre 2016. Nell’Area marina di Portofino non era mai stato avvistato». Sulla “new entry” registrata nell’Area marina di Portofino Fanciulli dice: «Il Percnon gibbesi ha avuto una diffusione molto rapida grazie all’aumento della temperatura e, probabilmente, per via dei traffici marittimi. La sua presenza a Portofino è un chiaro sintomo del cambiamento climatico in atto, causato dall’immissione in atmosfera dei cosiddetti gas serra, primo fra tutti l’anidride carbonica». È facile immaginare che le immersioni a Punta Faro e, comunque, negli altri siti della Riserva portofinese non tarderanno ad aumentare ancora perché incrociare il rappresentante di una specie “aliena” fa gola ai sub e ai patiti degli scatti sommersi.
Il Percnon gibbesi, che è pure peloso e ha un carapace lungo fino a 35 millimetri, si annuncia, quindi, come un’ulteriore attrattiva per chi ama esplorare i fondali. «I potenziali danni all’ecosistema provocati dalla sua presenza in Area marina sono ancora sconosciuti» dice Valentina Cappanera, biologa marina dello staff «ma, occupando in parte la porzione inferiore dell’ambiente caratteristico del granchio autoctono Pachygrapsus marmoratus, potrebbe entrare in competizione con quest’ultimo, o con gli altri invertebrati erbivori della zona di marea, dove l’acqua è alta pochi metri, come patelle, chitoni e ricci». In questi giorni Valentina Cappanera è a Lampedusa a un training sui protocolli di monitoraggio proprio di alcune specie aliene o ad affinità calda nell’ambito del progetto Mpa-Adapt, Marine Protective Area-Adapt.

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